martedì 29 novembre 2011

SHERLOCK HOLMES E IL CASO DEGLI SMEMORATI


Di tutti i casi vissuti e risolti da me e Sherlock Holmes, questo che non avevo finora voluto raccontare è davvero il più singolare, ma anche quello dove più l'acume, la soprannaturale intelligenza, l'intuito del mio caro amico mi lasciarono senza parole. Ho avuto modo di riflettere in seguito, da solo o conversando con colleghi, sul famoso "metodo deduttivo", spesso paragonandolo all'anamnesi svolta da noi medici, osservando quanto il paziente ci riferisce, i risultati delle analisi, ma anche studiando il suo volto, la sua pelle, il suo parlare, il suo comportamento, via via riflettendo chiedendoci se Holmes avrebbe forse potutto essere un bravo medico di base. Ero come sempre intento a leggere il "British Medical Journal", in un pomeriggio talmente uggioso e buio che mi chiesi istintivamente se fosse vicina l'ora della cena, mentre un rapido sguardo all'orologio a pendolo mi ricordò che erano appena le cinque e mezza. Fuori pioveva fitto ed era già buio, le lampade a gas in Baker Street erano già accese, in casa nostra il fuoco scoppiettava nel camino, illuminando a tratti il volto assorto di Holmes, che mi pareva, se possibile, ancora più malinconico e torvo del solito, sprofondato nella sua poltrona preferita, la pipa di ciliegio in bocca, i giornali sulle ginocchia, ignorati, perso in chissà quali suoi pensieri...
"Cosa legge di così interessante, Watson?"
"Il British Medical Journal, Holmes, sono abbonato gratuitamente"
"Questo lo vedo, ma la vedo molto incuriosito, c'è un articolo che sta attirando particolarmente la sua attenzione?"
"Un certo Einthoven ha inventato il galvanometro a corda, con il quale secondo lui si potranno misurare elettricamente le frequenze cardiache, mi sembra forse azzardato, ma abbiamo visto molte novità negli ultimi tempi, Per esempio, i recenti studi sulla commissurotomia mitralica..."
"Va bene, va bene, molto interessante", Holmes si alzò, come seccato.
"Holmes, mi ha chiesto lei di informarla sulle mie letture, e io le ho riferito, anche i suoi libri di mineralogia potrebbero essere poco interessanti per me, non le pare?"
Holmes non mi rispose, che era il suo modo di darmi ragione,  vagò per la stanza, poi si affacciò alla finestra, dalla quale vide qualcosa che lo incuriosì e lo sorprese.
"Watson, c'è una giovane donna qui sotto, credo proprio che stia venendo qui"
I clienti non ci mancavano mai, e lo volli canzonare.
"Dunque, una giovane donna carina che sta ferma in una giornata piovosa e grigia come questa, davanti ad un portone, in un isolato lontano da carrozze e teatri... sì, dev'essere una cliente!"
Dopo poco, il campanello suonò ed Holmes volle commentare:
"A proposito di invenzioni, un meccanismo col quale dalla strada si può suonare direttamente all'interno di una casa... di modo che una persona è avvertita  della visita, e con un congegno magari potrebbe anche parlare col visitatore,senza neanche affacciarsi,  dalla casa alla strada... non sarebbe utile?"
"Che fantasia, Holmes, che fantasia! Benvenuta, signorina!"
La nostra giovane, giovanissima visitatrice aveva grandi occhi azzurri che ci scrutavano ansiosi, folti boccoli biondi raccolti in un cappellino e un abito elegante coperto da una mantellina rossa rubino. 
"Buonasera, signor Sherlock Holmes; mi scusi se non ho avvisato prima" disse rivolgendosi a me, poi voltandosi verso Holmes "E lei deve essere il dottor Watson, leggo sempre le vostre storie."
"E' il contrario, ma si accomodi la prego."
"Grazie, signor Holmes" dopo essersi rivolta alla persona giusta, si sprofondò nella comoda poltrona. "So della vostra capacità di scrutare le persone e intuire i loro segreti. Proprio per questo ho bisogno di voi. Io... io non mi ricordo più perché sono venuta da voi."
Holmes si incurvò, si tese, come un cane davanti ad un osso prelibato, un bambino davanti ad un nuovo giocattolo: conoscevo troppo bene il mio amico per non sapere che la sua tendenza all'accidia ed alla conseguente depressione poteva essere risolta solo da forti scariche di adrenalina, ovvero da misteri e sfide il più possibile difficili.
"Signorina", dissi io "Ha avuto un improvviso vuoto di memoria? Un amnesia improvvisa causata da un evento traumatico? Credo sarebbe meglio chiamare Scotland Yard.."
"Oh, no, dottor Watson, non è proprio così. Mi chiamo Esther Williams, ho 23 anni, sono la figlia di quel Williams di cui voi certo leggete sui giornali, so suonare il pianoforte, vado a cavallo ed ho un fratellone scapestrato. So perfettamente chi sono. Vedete. la nostra famiglia ha un problema, è qualcosa di...."
"...congenito" aggunsi io.
"..sì, ecco. Ci dimentichiamo le cose che dobbiamo fare. le commissioni, gli appuntamenti, ma non le cose principali delle nostre vite. Una volta mio fratello è andato a comprare un cavallo e poi al maneggio non si ricordava più perché ci era andato. Succede a tutta la nostra famiglia. Infatti, io mi segno sempre tutto se devo fare compere. Una volta mi hanno invitato al ristorante e non ci sono andata perché non mi ricordavo dov'era, così il mio corteggiatore si è offeso."
"Bene, signorina, se non si ricorda perché era venuta doveva essere qualcosa di poco importante, le conviene tornare a casa e quando le sarà venuto in mente ritornare a trovarci."
"Come già aveva intenzione di fare un paio di volte, mentre stava qui sotto., ha girato su se stessa un paio di volte, indecisa tra tornare a casa o salire da noi, lo si vede dalle sue scarpe."
"Sì, proprio così, mister Holmes, fantastico! Lei che è così bravo, non può aiutarmi a ricordare perché sono venuta da voi?"
I modi della signorina erano così accattivanti, la sua conversazione così brillante, che non trovai lo spunto per accompagnarla alla porta. Inoltre, mi faceva piacere osservare Holmes risvegliato in tutti i suoi sensi, eccitato e fremente davanti a questa imprevista sfida, come durante l'utilizzo della sua amata cocaina.
"Potrebbe essere qualcosa legato alla suo praticare lo sport del nuoto con regolarità, anche se non da professionista?"
"Oh, no, è qualcosa legato a mio fratello, mi sembra è un tale discolo,ma... le ho parlato di cavalli, non di nuoto, da cosa l'ha intuito?"
"Il suo fisico è da nuotatrice, oltre che il suo controllo della respirazione, pur essendo salita per le scale in fretta e ansiosa, il suo respiro non è affatto affaticato, però non ha nelle cavità delle orecchie i residui del sughero che i professionisti usano per ripararsi."
"Non male, Holmes, non male" aggiunsi io "ma questo per lei dovrà essere solo l'aperitivo"
"Naturalmente, caro Watson. Delle avventure di suo fratello tutti sanno, non serve il metodo deduttivo, basta leggere i giornali. E' un giovanotto scavezzacollo che ama divertirsi, un play boy, forse qualcuno le ha chiesto soldi in cambio di rivelazioni compromettenti?"
"Sì, ora ricordo,,, un certo Crown.. un giornalista da strapazzo, un tizio belloccio, strafottente, molto maleducato nei modi, insomma un tipaccio..."
Trasalimmo tutti quando il campanello di casa suonò nuovamente.
"Deve fare il brevetto al più presto di quell'invenzione che diceva prima, Holmes"
Holmes uscì irritato dalla stanza, lo sentimmo parlottare nell'anticamera per poi rientrare.
"Signorina, nascondetevi dove potete, subito."
"Come?" disse lei spaventata.
"Non si preoccupi, non rischia nulla. Si è semplicemente recata da noi una persona legata a lei e vorremmo interrogarla, lei si nasconda, ecco dietro questa porta, ascolti la nostra conversazione".
Non stentammo a riconoscere Crown, nel personaggio balordo che sopraggiunse trafelato, vestito elegantemente ma senza la grazia e l'innata simpatia di Mrs. Williams.
"Scusatemi il disturbo, signor Holmes e signor Watson, è come se vi conoscessi, leggo sempre le vostre storie..."
"Sì, le scrivo io" aggiunsi, freddamente.
"Ah, bene, bravo. Stavo seguendo una persona che è entrata da voi..."
"E per questo noi dovremmo consegnarla a Scotland Yard"
"Solo che" e dicendo questo a sua volta si lasciò cadere sul comodissimo divano che piaceva a tutti i nostri clienti. "solo che non mi ricordo più perché la stavo inseguendo."
Esasperato, decisi di concedermi un bicchierino. Holmes invece era affascinato.
"Interessante, molto interessante. Lei che lavoro fa?" astutamente chiedeva qualcosa che già sapeva.
"Sono un giornalista. Scrivo su The Adam Express e su Newella1900 che sicuramente voi leggete..."
"Noi non leggiamo quei giornalacci, io leggo solo Medical Journal e The Times", risposi seccato, mentre mi servivo il meritato brandy.
"Mi occupo di trovare scoop, notizie sensazionalistiche, seguo i personaggi famosi, gli industriali, gli uomini d'affari, gli attori ma sopratutto le loro amanti, le cocottes, le chanteuses..."
"Davvero avvilente" aggiunsi "che nel 1890 ancora si concede tutta questa importanza a queste ragazzotte senz'arte nè parte, senza talento a parte la loro bellezza, si finisce per dare più spazio a loro che a scrittori e artisti, sicuramente in futuro le cose saranno diverse, ne sono certo!"
"... ma perchè" continuò Holmes, che da bravo segugio sapeva concentrarsi completamente sul tema dell'indagine "ma perché seguiva la signorina, che non è un attrice e nemmeno una cocotte? Anche se ormai, è uscita dalla porta laterale"
"cosa dite? no, devo raggiungerla!"
"fermo là, lei di qui non si muove, o preferisce Scotland Yard?"
"... e questo è il punto, non mi ricordo perché la inseguivo, so che non volevo farle del male,, ma poi dopo più nulla."
"Wernike-Korsakoff"
"Non li ho mai sentiti, sono industriali russi che villeggiano a Brighton?"
"No, è il nome del tipo di amnesia che voi avete.. ops volevo dire che lei ha, ricordare chi è e ogni cosa della sua vita, ma non l'ultima cosa che voleva fare, è molto frequente..." guardai Holmes "...come possiamo notare. "
"Lei è un giornalista, signor Crown, almeno diciamo così, si guardi nelle tasche. I giornalisti hanno sempre le tasche piene di oggetti e carte..."
Mr. Crown frugò nelle tasche e ne estrasse delle fotografie, erano quattro fotografie in posa dove veniva immortalato John Williams, il fratello appunto di Esther, la particolarità era che in queste fotografie la sua immagine era molto diversa da quella per cui era conosciuto; vestito semplicemente per non dire trascurato, da artista povero, nella prima foto accarezzava una capretta sdraiato sopra un prato, in un altra seduto ad un tavolaccio col solo conforto di una candela spezzata, studiava la Seconda Meditazione di Descartes, nella terza declamava brani di Tennyson e nella quarta si dilettava a suonare il clavicembalo. Io e Holmes eravamo basiti.
"Signor Crown, lei ha rapito il signor Williams e l'ha costretto per ridicolizzarlo a farsi fotografare come intellettuale sensibile e pure un poco sfigato, diciamolo, e stava inseguendo la signorina Williams per offrirle queste fotografie in cambio di un cospicuo riscatto!"
"Al tempo, Watson, al tempo!" mi bloccò Holmes. "Questa sarebbe la deduzione logica, ma ci sono troppe cose che non vanno. Per il momento, lei è libero, però ci deve lasciare le foto, Torni pure a casa sua, nel wild west end."
"Non capisco, come fa a sapere che abito nel west end?"
"perché lei è il classico wannabe, vorrebbe essere un giornalista importante, un Bel-Ami, vivere nel bel mondo, e di giorno indubbiamente ci vive anche se di straforo, ma la notte lei deve tornare a casa, in quella zonaccia malfamata e lontana dal centro, per cui è costretto ad usare carrozze pubbliche notturne sovrafollate di gente che si lava e si cura poco, cosa che sgualcisce e tanfa i vestiti, pur non brutti anche se indossati senza classe, che lei indossa per fingere durante il giorno di essere un viveur. 
Vada pure, la contatteremo noi."
Crown uscì, avvilito e mi sembrò stanco e affaticato, come se avesse qualche malattia, cosa che per la sua vita irregolare e selvaggia non era così improbabile. 
Esther uscì subito dal suo nascondiglio e volle vedere le fotografie.
"Abbiamo così capito che Mr. Crown non voleva ricattarla, ci ha lasciato di buon grado le fotografie, se fossero state sinonimo di denaro per lui, qualcosa si sarebbe riacceso nei suoi ricordi spenti. 
"E' incredibile, Holmes" disse Esther studiando le quattro fotografie. "Non ho parole nel vedere mio fratello in questa versione. Sembrerebbe modificato con Photoshop, ma non l'hanno ancora inventato..."
Notai che la signorina era passata da signor Holmes a Holmes, segno che il mio amico non le dispiaceva. Infatti volli farle una domanda per indagare come si sarebbe rivolta a me.
"Lei si ricorda almeno che Crown la stava seguendo mentre veniva da noi?"
"Oh, no, signor dottor Watson, è un professionista nel suo campo, avevo camminato lentamente sotto la pioggia, ho faticato a trovare Baker Street, insomma non mi sono mai accorta che qualcuno mi seguiva, un uomo davvero abile nei pedinamenti, a mio parere abile solo in quelli"
"Holmes, allora mi dica perché non concorda con la mia versione dei fatti?"
"Vede, caro Watson, troppe cose non concordano. Per esempio, signora Williams, lei mi confermerà che suo fratello non è stato rapito... quando lo ha visto per l'ultima volta?"
"Due giorni fa... oh, my god, Sherlock! Ecco perché sono venuta qui! Perché mio fratello è sparito da due giorni!"
Ecco, adesso lo chiama Sherlock, pensai tra me e me, la prossima lo chiama Sherry e poi my love... e poi, ancora più seccato, mi ricordai che ogni volta che affrontavamo un caso Sherlock sceglieva sempre la soluzione opposta a quella che dicevo io...
"Dobbiamo chiamare Scotland Yard, signorina!"
"E' vero, egregio dottor signor Watson,  dobbiamo farlo al più presto! Mi chiedo come starà soffrendo mio fratello, costretto in un prato con le capre che gli fanno ciao, gli sorridono i monti ma lui soffre tanto, poverino, leggere Tennyson, Descartes, suonare il clavicembalo, magari anche ascoltare una lettura di Shakespeare, non potrà reggere tutte queste cose insieme, poverino! Dobbiamo aiutarlo!"
"Watson, ma lei è per caso innamorato di qualche centralinista di Scotland Yard? Perché una volta per due li vuole chiamare! Vi ripeto che il signor Williams sta benissimo, e ora ve lo confermerò."
Nel silenzio che seguì, io e la signorina Esther ci sprofondammo nelle nostre poltrone di cui ho già detto, Intanto, Holmes frugava tra i nostri giornali e magazine che usavamo, dopo avere letto, accumulare a pila proprio sotto l'armadio di lato, sapendo che spesso ci sarebbero tornati utili per le nostre indagini. 
"Posso offrirle nel frattempo qualcosa da bere, signorina Williams?"
"Oh, lei è così gentile, dottor Watson, mi ricorda mio padre, anzi mio nonno, prendo un Cosmopolitan, grazie.  Sherly caro, ti vedo così pensieroso!"
"Non si preoccupi, signorina Williams, sto cercando un indirizzo tra questi ritagli di giornale...  trovato!
Compilò un biglietto che poi passo, tramite la governante, ad una persona di fiducia.
"Ora non ci rimane che aspettare... lei suona il pianoforte, vero Mirs? quindi ama sicuramente Beethoven"
"Lei è incredibile, Sherlock, come faceva a sapere che suono il pianoforte?"
"lo ha detto lei, quando è entrata, all'inizio del racconto. Smemorata forte, eh?"
"Sì, è vero, so solo che sono affezionata a mio fratello nonostante tutto..."
Sherlock Holmes accennò qualche nota di violino, poi si sedette nuovamente.
"Ho mandato a chiamare suo fratello John, nella casupola di campagna dove da due giorni si è rifugiato. In realtà, egli sogna di essere un intellettuale ed un artista bohemien, ma è costretto, essendo per disgrazia nato ricco, a mantenere un immagine pubblica di viveur, da boy in play, cosa che lo fa profondamente soffrire, per questo l'altro ieri egli ha deciso di scomparire e ritirarsi in uno dei tanti luoghi dove la sua famiglia trascorre le vacanze, solo che egli, dopo cospicuo compenso, si è accordato con il contadino del locale per vivere nel suo spoglio capanno. Si è portato gli amati libri di Tennyson e Shakespeare, Descartes Thackeray, il clavicembalo, carta, penna e calamaio per scrivere la sua opera poetica completa in 14 volumi. In questo modo, fingendo il suicidio o il rapimento, potrà vivere indisturbato una nuova vita da poeta povero e sfigato."
"Straordinario, Holmes, straordinario. Ma se voleva nascondersi, perché le foto?"
"Questo ancora mi sfugge"
La porta si aprì ed entrò John Williams, un bel giovanotto dall'abbigliamento bucolico, nei cui tratti ed eleganza si intravedeva comunque l'abitudine al lusso e alla vita confortevole.
"Glielo dico io, signor Holmes e dottor Watson", ci disse mentre la sorella lo abbracciava felice "Ho voluto fare quelle foto per lasciare un ricordo migliore di me, una testimonianza ai miei discendenti, ai miei nipotini. Che tutti sapessero che io non ero il viveur playboy di cui parlavano i giornali, ma un animo sensibile ed artistico nato in una famiglia ricchissima per uno scherzo del destino. Le foto erano finite in mano a Mr. Crown che, stanco forse di troppi intrighi e azioni disoneste, per una volta voleva fare qualcosa di buono: informare mia sorella e mio padre che comunque stavo bene, per questo la stava seguendo."
"Ma ora che farai, fratellone mio? Nostro padre è così preoccupato per te. Tornerai nel tuo rifugio tra i prati?"
"Sai che ti dico, sorellina, sarò viziato, ma la vita bucolica non fa per me, quello che mi stressa  più di tutto sono gli uccellini, il mattino prestissimo appena vedono il più piccolo spiraglio di luce cominciano, cipcip, cipciop, non la smettono più finchè arriva il buio, e poi le mucche, le mosche e le zanzare, insomma non lo reggo, ho deciso di tornare a fare il playboy in pubblico per fare contento papà e in privato fare l'intellettuale ma con la pancia piena e bello tranquillo nella biblioteca di casa."
Volli stringere la mano ad Holmes, nonostante la nostra lunga confidenza volli fare questo gesto plateale per dimostrargli la mia stima.
"Holmes, questa volta lei ha superato se stesso. Le mie più sincere congratulazioni"
"Grazie, Watson. I complimenti da lei valgono doppio. Però, ancora c'è una cosa che non mi quadra..."
A queste parole, tutti noi roteammo gli occhi al cielo e sono sicuro di avere udito distintamente Miss Williams dire "a ridanghete..."
".. come ha fatto,signor Williams, ad arrivare qui così presto, l'ho mandata a chiamare solo una mezz'oretta fa"
"infatti, non ho ricevuto nessuna convocazione da parte sua, signor Holmes, ho incontrato una persona che usciva dal vostro portone ma si era dimenticata di cosa doveva fare, io invece sono venuto qui per conto del contadino che mi ospitava, ha bisogno urgente del vostro aiuto per un nuovo caso complicatissimo da risolvere nella sua malga."
Vidi Holmes fremere presentendo un orgasmo multiplo, la bavetta alla bocca,  risolto un caso subito ne iniziava un altro, forse ancora più difficile.
"Mi dica, signor Williams, si accomodi, mi anzi ci esponga il caso del suo amico contadino"
"Lo farei volentieri, signor Holmes, ma... sono mortificato... troppo stress... troppo pane e formaggio... insomma, mentre venivo da lei mi sono dimenticato qual'era il caso. Non è che me lo può ricordare lei, che è tanto bravo?"

Seguì un silenzio breve, ma esplicito. 
Poi, io ed Holmes ci guardammo e io dissi:
"Signor Williams, lei è molto ricco, possiede l'automobile, vero?"
"Certo, dottor Watson, sono stato uno dei primi a possederla a Londra!"
"E allora perché non la prendi e te ne vai aff...................?????"

Il buio e la pioggia della tetra notte londinese avvolse come una coperta la mia voce. alla quale si aggiunse in un coro perfetto quella di Holmes.   (racconto di Andrea Daz)

    

     IL MIO AMICO STRANO racconti e testi vari di Andrea Daz, in uscita a febbraio 2012 nelle peggiori librerie.


lunedì 14 novembre 2011

LE 10 COSE CHE NON SOPPORTO NEI FILM


1) In ogni film ambientato a Parigi, si vede benissimo la Tour Eiffel da ogni finestra e terrazza. Ho abitato a Parigi, in Rue Masseran, vicinissimo alla Tour Eiffel, al quinto piano, e nessuno nel condominio la vedeva.

2) "spero che tu sappia quello che fai" "lo spero anch'io"



     Variazione dei film avventurosi: 
"lei sa pilotare questo aereo-treno-bus-trattore-elicottero-triciclo-pedalò?" 
"io no! e lei?"


3) Nei film americani: il protagonista lascia una riunione di lavoro importantissima o un congresso dove lui deve parlare per correre alla stazione/aeroporto/metropolitana ad inseguire la sua amata e dirle ti amo, mentre la gente intorno si ferma ad applaudire. Nella vita vera, lui perde il lavoro, la gente intorno gli dice vai a lavorare e lei gli dice vai a cagare.

4) Quando uno dei personaggi viaggia su treno/pullman sta sempre comodissimo, c'è sempre pochissima gente, sta sempre seduto composto anche in un viaggio di 10 ore, non cambia mai posizione, guarda fuori dal finestrino, non si gratta, non mangia, non dorme, non si stravacca.

5) Solo nei film italiani: gli attori disoccupati vivono soli in loft, attici enormi ordinatissimi e pulitissimi, vanno al ristorante quasi ogni sera o in locali strafighi, se mangiano a casa cucinano piatti elaborati serviti in piatti da ristorante, tavola apparecchiata come in un castello, mai un piatto di spaghetti mezzi freddi o una scatoletta di tonno davanti alla tv.

6) Sopratutto nei film italiani: il creativo in crisi (disegnatore, regista, artista) mentre sta nella sua bellissima casa, vedi 5), ad annoiarsi, è inseguito giorno e notte dal suo agente che gli offre soldi, contratti, feste, fighe, champagne e lui lo evita in tutti i modi. Nel mondo reale succede l'esatto contrario.

7) Nei film degli anni '60-primi '70, tutti hanno in casa solo un disco, il 45 giri con la colonna sonora del film stesso, quando dicono "ascoltiamo un poco di musica?" mettono sempre e solo quello, però la musica non esce dal giradischi ma direttamente dagli amplificatori del cinema.


 8) Si svegliano di colpo. sempre nei loro appartamenti fighissimi, in letti enormi tra grandi cuscini colorati, vedi 5)   in un attimo scendono dal letto, in cinque minuti si lavano, in totale quindici minuti dal risveglio sono vestiti elegantissimi ed escono. Non accendono mai la luce, perché la casa è illuminata da luce naturale esterna come nei film di Terrence Mallick, questo anche a Torino a novembre con l'ora legale. 

9) Nei film horror americani: quando due ragazzi conoscono due belle ragazze e fanno una scampagnata, si allontanano il più possibile dalla strada principale, evitando gente, negozi, centri abitati, cercano la strada più desolata, appena incontrano un tipo che si muove con aria losca, magari con una motosega in mano o un pezzo di cadavere in tasca, subito cercano in ogni modo di attaccare bottone con lui, insistono fino a farsi invitare a casa per la notte, quando poi sono da soli nella casa del tipo strano cercano di litigarci e di irritarlo in ogni modo. 

10) Nei film americani escono di casa o dall'hotel, fanno un cenno e subito un taxi enorme fighissimo si ferma con una frenata che gli distrugge mezzo pneumatico.

Nei film italiani, fanno due passi e si ferma proprio davanti  il tram o bus che serve, salgono senza timbrare il biglietto, il bus è sempre semivuoto e si siedono comodissimi, vedi 4)
                                                      (ANDREA DAZ)