sabato 18 agosto 2012

VIAGGIO ASTRALE A PAPEROPOLI - terza e ultima puntata


Mi era esplosa nello stomaco una fame esagerata, assurda per la situazione, la fame di chi non tocca cibo da tre giorni e non riesce a pensare ad altro, il cervello che ti ripete "devi mangiare, devi mangiare".
Cercavo di mantenere un contegno, riflettendo che era passata poco più di un'ora da quando Archimede mi aveva prelevato da casa, e stavo facendo colazione tranquillamente, la sera prima avevo cenato, senza abbuffarmi ma saziandomi. Era certamente un effetto secondario di questo passaggio così improvviso che avevo fatto, il senso del tempo era diverso nel mondo dei fumetti, ma in quel momento non riflettevo neanche, ero accecato dalla fame, non però tanto da non poter notare una splendida pasticceria proprio accanto a me, con in vetrina quelle spettacolari, enormi torte che si vedono nelle storie paperopolesi. Il pensiero corse a Nonna Papera e al suo aiutante Ciccio, al quale andava tutta la mia comprensione. Intanto, Archimede si era allontanato da me per parlare con Pippo e Topolino, ovvero un enorme cane che stava sulle zampe posteriori, in piedi anche se molto curvo in avanti, vestito come un operaio o un lattaio degli anni '30, e una pantegana molto elegante, dai modi un poco altezzosi. Parlavano strettamente, e spesso Archimede mi indicava. Pippo mi guardava stralunato come se fossi qualcosa di mai visto prima, sarai bello tu, pensai.
Paperino era vicino a me e gli spiegai senza mezze parole il suo problema. Avevo troppa fame per fare lunghe argomentazioni, come avrei fatto in una situazione meno urgente.
"Capisco, ma io non ho soldi con me. Non ho mai soldi. Vivo nella casa di mio zio Paperone, tutto pagato da lui, e in cambio devo essere sempre a sua disposizione..."
"Lo so, lo sappiamo tutti..."
"... e i miei piccoli (non mi sembra di averlo mai sentito usare questo termine per definire Qui, Quo e Qua nei fumetti) vanno alla scuola statale, tutta pagata anche questa. Io non ho mai contanti con me, neanche un centesimo."
In quel mentre, uscì dalla pasticceria uno di quei signori, tipo comparse, che si vedono nelle storie paperopolesi, un cane molto distinto, con un sacchetto pieno di paste e dolci assortiti. Capii cosa dovevo fare.
Entrai, anche se barcollavo dalla fame cercai di essere il più possibile composto, ordinai fette di torte, pasticcini, tutto quello che potevo, non c'era nulla di salato da comperare, ma per placare la fame poteva andare, era pur sempre latte, zucchero, uova, cose energetiche. La commessa, una mucca un poco avanti negli anni, mi riempì il sacchetto e me lo consegnò, subito lo divorai. Mi disse la cifra da pagare, e continuando tranquillamente ad abbuffarmi, risposi "Non ho soldi" con la tranquillità con cui avrei detto "qui prendete la Diners?". L'ultima cosa che sentii fu il suo strillo di rabbia, e poi mi ritrovai a casa mia.

Il Nescafè era sul tavolo, toccandolo mi accorsi che era tiepido, mi ero assentato meno di una decina di minuti, e quella fame esagerata che avevo nell'altro mondo era svanita. Però il sacchetto di dolci era rimasto, lo esaminai con attenzione, erano dolci finti, come i giocattoli delle bambine, il finto supermercato, il dolceforno, la spesa delle Barbie... dolci tanto belli quanto finti.

Nei giorni successivi rimasi nel mondo reale, riflettendo su quanto era successo, cercando di affrontare il problema in maniera razionale, cercai di contattare M.T. (il mio amico che mi aveva insegnato i viaggi astrali) in ogni modo, telefonate, facebook, skype, email... era proprio sparito, però, chissà, forse si era preso una vacanza e aveva staccato tutto.
Lessi e rilessi i Topolini che avevo in casa e andai alle bancarelle a comprarne altri, vedevo Paperopoli in maniera diversa, come dopo la prima volta che ero stato a Napoli e poi l'avevo riconosciuta, almeno le zone centrali, in alcuni film.

Poi capitò il caso, o il colpo di fortuna, che tale non era. Tra un Topolino e l'altro, ripresi in mano uno dei miei Tex preferiti, una delle storie più belle, sia come trama che come disegni, e ci entrai dentro. Ormai i viaggi astrali per me erano come salire sulla metropolitana. Entrai in una vignetta dove Tex e il suo cavallo procedevano, sotto una pioggia fittissima, con la solita indifferenza. Quando ci fui dentro, compresi il perché: non arrivava una goccia d'acqua, quella che sembrava pioggia nelle vignette erano delle sottilissime strisce, delle luci stroboscopiche come nelle discoteche. Tex e il suo cavallo mi passarono accanto, guardandomi con la noncuranza riservata ad un cactus o ad un sasso, e si allontanarono, diretti verso il nulla. Ormai, nel mondo dei fumetti, non mi stupivo più di nulla. A proposito, ci avete mai pensato? Nel film 2001 odissea nello spazio, uno dei film più belli del mondo, alla fine c'è uno del '700 che sta mangiando nel suo castello, gli appare un astronauta nella stanza e questo gli dà un'occhiata annoiata e poi riprende a magnare. Ma voglio dire, tu sei nel '700, appare un astronauta in sala da pranzo, e tu niente? Tsk!

Ma torniamo a noi.
Stavo in questo posto in mezzo al nulla, quando sentii una voce conosciuta.
"Sei arrivato finalmente! Quanto ci hai messo!"
Era M.T., il mio amico.
"Ho mandato dei messaggi al tuo inconscio per farti venire qui. Certo che ce n'è voluta! Hai visto che bello qui?"
Mi guardai intorno. A parte la finta pioggia, era un paesaggio lunare, c'erano roccie, cactus, qualche serpente. Il cielo a strisce bianche-grigie dei fumetti di Tex.  Nient'altro. Eravamo solo noi due.
Vabbé che ognuno ha i suoi gusti, ma pensai a una foto pubblicata da un mio contatto californiano su Facebook: un gruppo di modelle in bikini, che scherzavano in  piscina, mentre bevevano birra direttamente dalle bottigliette. Potendo scegliere, avrei preferito stare da quelle parti.
"Allora ho fatto bene ad andare via da Paperopoli, sarebbe stato inutile rimanerci, e poi non mi piaceva poi tanto viverci, meglio leggerla nei fumetti. Il mondo è più bello nella sua rappresentazione, l'arte imita la vita ma è più divertente (Aristotele o Schopenauer o forse Keith Richards o Toto Cutugno, boh!)"
"Non preoccuparti, solo Archimede si ricorderà di te, per gli altri sei stato solo un sogno, e come i sogni in poche ore sarai dimenticato, ho scoperto le Porte!"
E mi indicò una roccia.
E' andato, ce lo siamo perso, pensai. Invece, guardando bene, mi accorsi con stupore, che sulla roccia c'erano alcune porte, non come in un'abitazione privata, le porte di una stanza d'albergo, e c'era la chiave nella serratura.
"Le Porte di cui si parla in molti testi di meditazione, di saggezza orientale, di sciamanesimo, le ho trovate. Quando entri nella Porta, vai dove vorresti essere. Poi, quando ti stufi te ne vai. Tu dove vorresti essere in questo momento? E sopratutto con chi? Qual'è il tuo sogno? Apri la Porta e ci sarai dentro."
"Ma allora non tornerai più?"
"Ma no! Come dici tu, è solo una vacanza, presto tornerò nel nostro mondo. L'hai visto anche tu, quando si rientra da noi sono passati pochi minuti. Ora torno nella mia stanza, vuoi provarne una anche tu?"
Pensai a dove avrei voluto essere, con chi, qual'era la mia idea di paradiso. Sapevo troppo bene cosa volevo, qualcosa che nella realtà sarebbe stato molto difficile, anche se non impossibile, ottenere.

Ci salutammo, io e Matteo, prima di entrare nelle rispettive Porte, con un sorriso e una strizzata d'occhio.
"Buona vita, Andrea."
"Buona vita, Matteo."

                                                                   FINE!


(questo racconto è dedicato alla persona che mi ha fatto conoscere il mondo dei viaggi astrali nel quale, per qualche tempo, mi sono avventurato, ma quando ho capito che era qualcosa di pericoloso, ho preferito lasciare perdere, questo racconto mi è anche servito come lezione, più di cento corsi di scrittura creativa, per capire che, prima di scrivere un testo anche breve, bisogna  crearsi uno schema e sapere dove si va a finire, non si può andare ad improvvisazione come nella musica. A.D., agosto 2012)