sabato 5 aprile 2014

IL MIO AMICO STRANO

Questo e altri testi, online e non online, fanno parte della raccolta di racconti e testi vari "Il mio amico strano e altri testi" di Andrea Daz, in uscita a breve.

Alcune cose che sono recentemente successe intorno a me mi hanno fatto ricordare un episodio della mia
adolescenza al quale non pensavo più da  molto tempo, sicuramente devo averlo rimosso, sono quelle cose che non si riescono in nessun modo a razionalizzare, che si preferiscono cancellare perché disturbano le certezze che fanno da fondamenta al nostro equilibrio.

Mirko non ho più avuto modo di vederlo finita la scuola, a volte chiedevo di lui ad altri compagni di scuola, anche quando a dieci anni dalla fine del liceo abbiamo fatto la rimpatriata in pizzeria, peraltro tristissima, ho chiesto molte volte di lui ma nesuno sapeva niente. Tutti ricordavano Mirko con grande simpatia, ma c'era sempre quella cosa con lui, ecco, era come se... come se ci fossimo noi e lui, lui era sempre staccato dagli altri, sempre a parte. Quella frase così  fastidiosa da sentirsi dire "noi andiamo qui, vieni anche tu?" "noi facciamo questo, tu cosa fai?" "noi stiamo facendo questo e tu cosa fai?" Alla luce di quella cosa che lui stesso mi ha rivelato, questo a Mirko non poteva dare in alcun mdo fastidio, anzi per lui era normale sentirsi interpellare in questa maniera, era il suo modo di relazionarsi con gli altri che portava a questo: Mirko era il più simpatico della classe, credo della scuola, era benvoluto da tutti, studenti e professori, nessuno aveva mai problemi con lui, anzi era come se la sua presenza ci pacificasse, ci rasserenasse. Eppure, allo stesso tempo, c'era qualcosa che non andava in lui, era diverso, piacevolmente diverso, era qualcosa che si percepiva, Mirko non diceva mai "noi", diceva "io" e "voi", non faceva mai parte del gruppo, era un esterno che vi partecipava. Ho dei ricordi molto belli degli anni di scuola, i pomeriggi al cinema, le serate a passeggiare tutti insieme lungo il fiume, e ricordo quanto Mirko era simpatico, com'era piacevole per tutti la sua presenza, ricordo quanto impegno metteva nello studio con ottimi risultati, invece quanto faceva fatica in educazione fisica, negli sport... ricordo quando giocava con noi a calcio... adesso che ci penso, il calcio l'aveva imparato con noi, voglio dire non lo sapeva già, non sapeva neanche come si giocava, non sapeva le regole, non sapeva niente, quando gli ho chiesto a che squadra teneva mi disse che me l'avrebbe detto il giorno dopo, cosa che puntuale fece la mattina a scuola appena mi vide: era un fanatico della Juve, informatissimo su tutte le sue formazioni presenti e passate, collezionista di gadget del tema. Tutto bene, però questa grande passione aveva qualcosa di falso: era come se, dovendo stare con gente appassionata di calcio, si fosse adattato, si fosse  sentito obbligato a scegliere una squadra "del cuore" e poi si fosse documentato il più possibile per farsi trovare preparato.

Ecco, alla luce di quanto tra poco anche voi saprete, so che è andata effettivamente così. E un'altra cosa ancora: quando ascoltavamo certe canzoni, era come se le sentisse per la prima volta, parlo delle canzoni che tutti conoscono, Battisti, Baglioni, i Beatles... ecco, erano queste e mille altre cose che creavano quella strana ma non spiacevole sensazione di estraneità. Allo stesso tempo, era come se Mirko fosse fondamentale nella nostra comunità, quando non c'era tutti chiedevano di lui, parlavano di lui, non c'era mai nessuno che dicesse una sola parola negativa su di lui.
Sono convinto che se non ci fosse stato Mirko, quei cinque anni di liceo sarebbero stati meno spensierati.

Quello che è successo durante la gita scolastica a Parigi del quinto anno è stato così improvviso, così
veloce che per i mesi, gli anni successivi mi sono chiesto se fosse stata un'allucinazione dovuta all'alcool, alla mancanza di sonno, come quando si è molto stanchi e sembra di vedere delle persone, di sentire dei rumori che non ci sono. Gita scolastica autogestita, senza insegnanti, anzi con uno solo, quello di matematica che era come se non ci fosse, potete immaginarvi quanto abbiamo visitato monumenti e chiese, anche se al Louvre ci siamo andati, solo per vedere la Gioconda, non si sa mai quando sarà la prossima volta che ti capita.. io ero in stanza con Mirko ed eravamo tutti e due ubriachi, io parecchio, lui, che beveva poco e solo il sabato sera in compagnia era sbronzo forse più di me. Eravamo sdraiati sui nostri rispettivi letti, uno di fronte all'altro, al buio, la stanza illuminata dalla luna e dalle luci della città, ci parlavamo senza guardarci, confidenze, progetti, discorsi di adolescenti. Ad un certo punto, dopo un silenzio breve ma pesante come un tonfo, Mirko mi disse che che mi considerava la persona migliore della classe, di tutta la scuola, il suo migliore amico e per questo voleva confidarmi una cosa importante, sentiva il bisogno di dirlo a qualcuno, ma dovevo promettergli, assolutamente promettergli di non dire mai niente a nessuno. Ho mantenuto la promessa e anche queste riflessioni sono solo un diario che sto scrivendo per me. Quello che è successo ha cambiato completamente il mio modo di relazionarmi con gli altri, di guardare al mondo e alla vita, mi sono avvicinato alla lettura di testi strani, volendo mi sono più chiuso in se stesso, sono più diffidente, anche paranoico se vogliamo. Come ho già detto, per molto tempo ho cercato di ingannare me stesso dicendo che era stato un sogno, che mi ero già addormentato, ma so bene che è successo veramente. Avrei preferito il contrario.

Mirko mi disse, non proprio queste parole ma il senso era questo: "IO non sono un umano, io sono un
robot, vengo dalla civiltà che vi ha colonizzato nei tempi antichi, anche i miei genitori sono dei robot, come
me ci sono moltissimi altri dappertutto, in tutto il mondo, NOI veniamo inviati qui per studiarvi ed osservarvi
da vicino senza spaventarvi, NOI siamo programmati per relazionarci con voi, inserirci il più possibile nelle
vostre comunità, per imparare il più possibile sulla vostra cultura, le vostre abitudini, i vostri usi sociali, i
vostri svaghi. Tutto viene memorizzato e salvato in un chip che periodicamente viene inviato alla base
spaziale, per essere sostituito con un altro chip. Il mio periodo con VOI sta per finire, VOI a settembre vi
iscriverete all'università, andrete a lavorare, a fare il militare, invece IO a ottobre tornerò con i miei finti
genitori da dove vengo, non ritornero più qui. I miei ricordi verranno trasferiti al terminale principale, IO sarò
riprogrammato per un altra missione, in una parte del mondo lontanissima per non essere riconosciuto. Ho
voluto dirtelo perché IO mi sono trovato così bene con VOI che mi dispiace tantissimo non potere più stare
con VOI, non potervi più rivedere."

Sei a letto, dopo una serata di sbronze e di casino, un tuo compagno di scuola ti dice questo, la reazione
prevedibile spazia dal "ma va a..." a "cosa ti hanno messo nella birra", da "hai bisogno di una vacanza"
oppure "adesso dormiamo che è meglio". Solo che, detto proprio da lui, da Mirko. con quella sua voce
gentile, educata che a volte diventava metallica... bene, io ho pensato che fosse convinto di quanto diceva
ma che fosse l'effetto dell'alcool, dell'adrenalina su di una mente fantasiosa, sensibile. Mirko non disse
niente, accese l'abat­jour accanto al suo letto e si avvicinò a me. Si alzo la maglietta scoprendo la pancia.
Con un gesto abile e sicuro, si premette l'indice sulla pancia, aprendo uno sportello che celava una sorta di
circuito integrato, l'interno di un chip, non saprei descriverlo meglio, è stato molto veloce, improvviso, come
una ragazza che ti fa vedere la sua cosina per dimostrarti che è davvero una ragazza. La prima volta che ho visto una femmina nuda è stata mia cugina al mare, mi aveva dato una sensazione sgradevole, che non avesse niente in mezzo alle gambe, come se le avessero amputato qualcosa, lo stesso effetto spiacevole che ebbi allora. Subito dopo, Mirko si richiuse il pancino e mi guardò in silenzio. Lo sguardo di una persona completamente infelice, ma anche questo per un tempo brevissimo. Poi senza aggiungere altro, si abbassò la maglietta, tornò a letto e spense la luce. Non ci fu più una parola tra noi per tutta la notte, il giorno successivo ci relazionammo come sempre, almeno fingendolo. Dopo la maturità, che Mirko prese col massimo dei voti e la lode, vidi Mirko nei vari festeggiamenti successivi, Dopo le vacanze estive, nessuno lo vide più. Altri lo cercarono, io no, dissero che la famiglia si era trasferita, non si sapeva dove.

Quella notte a Parigi ricordo che presi sonno in fretta, ma solo perché ero mezzo ubriaco, sono sicuro di
avere sentito Mirko piangere, sempre nel suo stile, senza disturbare, senza fare rumore, sommessamente,
la testa affondata nel cuscino.





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