Voglio
ora raccontarvi di dove sono stato l'altro pomeriggio, dovete sapere che
da qualche tempo ho preso l'abitudine di fare dei viaggi astrali,
seguendo l'insegnamento di un mio amico maestro di yoga, ma lo faccio
solo prima di dormire, di solito vado a Firenze, la scorsa estate andavo
spesso a Roma, per un motivo che spiegherò più avanti. Non è difficile:
devi scegliere un posto che già conosci, e scegliere la strada da dove
si vuole iniziare, è come seguire un percorso su Google Street View,
solo che si va molto veloci, senza rischio di cadere o farsi male. C'è
chi si smarrisce, ma a me non è mai successo, forse perché lo faccio
prima di addormentarmi, e poi scivolo in un sonno profondo e felice.
Più
difficile è stato il mio ultimo viaggio, mentre mi annoiavo sul divano
pensavo che mi sarebbe piaciuto entrare nei fumetti di Topolino, o
meglio di Paperino. In fondo, è un mondo che conosciamo tutti, ci è
familiare, però non è facile identificarlo. Paperopoli appare come' una
città di media grandezza, che nelle storie americane di Carl Barks
ricorda la Chicago o la Seattle degli anni '40, ma nelle storie
italiane, quelle che tutti leggiamo, è simile a Milano, la città dove il
giornalino viene creato, ma con importanti differenze. Una cittadina
immersa nel verde e contornata dalle montagne, nello stesso tempo non
lontana dal mare, in certe storie si intravede un porto che sembra
quello di New York. Il deposito di Zio Paperone è su una collina
sovrastante la città, visibile da tutti, la villetta dove abita Paperino
è molto vicina, in quanto egli, in diverse storie, ascolta le urla
dello zione, e spesso lo raggiunge di corsa o ne è raggiunto. Vicino al
deposito di Zio Paperone, c'è un parco dove il suddetto si reca ogni
mattina a fare la passeggiata, questo parco assomiglia spudoratamente al
Parco Sempione. Escludendo tutte le città del Centro-Sud e del
Nord-Est, che hanno una struttura molto tipica, potrei dire che
Paperopoli è stata ideata come una Milano o una Torino più piccola e più
verdeggiante, ma con qualcosa di Genova nella la zona portuale. Inoltre
Amelia la fattucchiera, che vive sul Vesuvio, spesso va a fare visita
al deposito di Paperone, usando la scopa come una freccia rossa, si
suppone che non sia così lontana.
Approfittando
di quello stato di torpore estivo in cui i pensieri vanno in letargo,
quell'essere assonnati senza dormire, mi concentrai su di una storia di
Paperino. Devo dire che, come tanti, ho sempre preferito Paperopoli a
Topolinia, immagino la seconda come una città frenetica, ostile, quella
davvero più simile a Milano o a New York, per un viaggio di piacere come
il mio volevo qualcosa di confortevole, bucolico. Non fu così difficile
partire, ci sono riuscito solo al terzo tentativo, considerando che la
prima volta mi hanno citofonato e la seconda mi sono distratto con
associazioni d'idee. Per scegliere il punto dove atterrare e cominciare
il viaggio, ho scelto la strada davanti alla casa di Paperino, ho
pensato che con Paperino non avrei mai avuto problemi. Quello che
sopratutto mi confuse, al mio arrivo, fu quanto di più banale si potesse
credere, ma a cui nessuno o pochi hanno fatto caso. Sono dei paperi.
Tranne Archimede Pitagorico che non è un papero, è sempre un uccello di
terra, di un'altra razza. A Topolinia sono dei cani e dei topi, ma
quelllo è un altro mondo.
E così la loro città è
piccolissima, in miniatura, per l'abilità dei disegnatori che la
inquadrano strettamente, usando tecniche simili ai film di fantascienza,
dove modellini di navi e di aerei si muovono dentro vasche da bagno
mentre noi crediamo che siano in grandezza reale, i bambini e gli adulti
che leggono le loro storie le vivono rapportandosi alla città o al
paese dove davvero vivono. Come in quei villaggi dove è rappresentata
l'Italia o il mondo in miniatura, potevo tranquillamente vedere tutta
Paperopoli davanti a me. Le distanze non erano quelle che avevo
previsto: ci avevo preso con la vicinanza della casa di Paperino al
deposito di Paperone, ma questo solo perché mi ricordavo di una storia
dove il nostro si svegliava al sentire delle urla di dolore del suo
isterico zione, come a me succedeva quando abitavo, da bambino, molto
vicino allo stadio di San Siro e sentivo i boati di felicità dei tifosi
quando veniva segnato un goal. Su altre distanze, invece, mi ero proprio
sbagliato: rapportandola su scala, Paperopoli era minuscola nelle
dimensioni, ma di un'estensione enorme. La villetta di Paperino era in
una zona periferica alle soglie della città, come il deposito sulla
collina e la casupola-officina di Archimede. In questa zona, che in
Lombardia sarebbe stata un quartiere di ricchi, c'erano delle villette a
grandi distanza l'una dall'altra, separate ognuna da delle siepi, degli
alberi, attraversate da delle strade comode, larghe, dove passavano
pochissime auto. Ricordo che nel viaggio astrale, gli abitanti non ci
possono vedere, per fortuna mia perché se no si sarebbe creato l'effetto
Gulliver, sarei stato un gigante invasore e avrei precipitato la
cittadina nel caos, per poi a mia volta fare una brutta fine.
Era
un pomeriggio d'estate pure a Paperopoli, e, trovandomi nella strada di
fronte alla villetta, la mia curiosità era quella che chiunque avrebbe
avuto: vedere Paperino dal vivo! Mentre mi avvicinavo alla sua casa,
sempre nel solito modo di muoversi dei viaggi astrali, stando
perfettamente fermo con il corpo, ma muovendomi su di un tragitto
predefinito, come portato da scale mobili invisibili, riflettevo su
quanto era strana l'esistenza di quel posto: dei paperi che guidano
delle piccole automobili, vanno al lavoro, hanno problemi di soldi,
vanno in vacanza e se non ci vanno si scocciano. Dei paperi che hanno
delle casette in miniatura dove cucinano frittelle, studiano e lavorano,
telefonano, guardano la tv... Dopo essere passato dal giardino deserto,
entrai nella villetta di Paperino, riconoscendola con piacere: tipica
villetta a due piani, all'americana, come quella della famiglia di Happy
Days, una cucina, un grande salotto, una sala più piccola, al piano
superiore le camere da letto... per essere un disoccupato squattrinato,
Paperino viveva come un borghese italiano, è vero che tutto era pagato
dallo Zio Paperone. Vidi il divano, dove Paperino spesso amava passare i
pomeriggi, vicino al divano il telefono col quale iniziavano le sue
avventure. In casa non c'era nessuno, forse erano tutti al deposito
oppure in qualche avventura esotica. Rimasi colpito dall'ordine e dalla
pulizia della casa, per essere un pigrone casinista Paperino teneva la
sua abitazione ottimamente, o forse aveva qualcuno che passava a fargli
le pulizie... quando li sentii tornare.
Irrazionalmente,
fui preso dal panico, di solito nei miei viaggi astrali andavo per le
città, oppure se entravo nelle case lo facevo da persone che conoscevo e
che mi volevano bene, come la mia ex-fidanzata che spesso andavo a
trovare nel suo bilocale a San Giovanni e che in qualche modo, forse per
stregoneria femminile, percepiva la mia presenza quando mi sdraiavo di
notte sul materasso accanto a lei, una volta mi ha pure parlato... ma
non divaghiamo. Dicevo che non potevano vedermi, quindi non c'era modo
di essere spaventati, in fondo quante volte siamo tutti entrati in casa
loro leggendo il fumetto, ma spaventato non è la parola giusta, diciamo
emozionato, finalmente li avrei visti. E poi, come parla Paperino? Nei
cartoni animati, fa quei versi che tutti imitano, ma nei fumetti parla,
si esprime come una persona, forse non dice mai cose di grande
intelligenza, ma parla normalmente. Sentii parcheggiare la macchina, la
313! girare la chiave di casa ed entrare, mentre parlava con i nipotini.
Le dimensioni appunto. Avete mai pranzato sul lungolago, quando le
anatre salgono sulla riva e vengono a mendicare qualcosa da mangiare da
voi? Ecco, le dimensioni erano quelle, quattro paperotti, uno grosso e i
tre pargoletti, però parlavano... non facevano versi, capivo che
parlavano, però non in italiano, era una lingua loro. Paperino, sempre
molto ordinato, appena entrato si tolse il berrettino da marinaio e lo
appese ad un'ancia dell'armadio a muro. Dovevano avere litigato, perché i
tre paperottini corsero al piano di sopra. Paperino come al solito era
incazzato e parlò da solo per qualche tempo, poi andò in cucina. Era
proprio lui, come mi dispiaceva non poterlo salutare, non potergli
parlare! Ed era piccolino, un animaletto, se avessi avuto fisicità
avrei picchiato con la testa sul soffitto della sua bella casa. Forse
ero passato in un momento difficile, ma mi sembrava meno simpatico di
come tutti se lo immaginano, inoltre mi sembrava molto autoritario con i
suoi nipotini. Seguii invisibile in cucina, mentre cucinava con la sua
nota maestria notai che continuava a parlare da solo, ma come se stesse
parlando con qualcuno. Erano i suoi monologhi del resto, che in un
fumetto non sembrano strani, come non sembra strano che un papero stia
cucinandoo un pollo con le patatine e aromi vari. In effetti, erano
molto americani, ora che c'ero dentro, altro che Milano, mi ero proprio
sbagliato. Villette a due piani divise dalle siepi, classi sociali ben
distinte, stile di vita rigido... USA. Però, l'amore col quale stava
preparando la cena ai suoi nipoti contrastava con i suoi modi incazzosi.
Suonò il campanello, e uno dei nipotini, il paperotto col berrettino
blu, credo, perché ora in casa erano senza berretto, corse ad aprire,
senza chiedere chi fosse. Capii la situazione: Zio Paperone li aveva
convocati al deposito, poi si era autoinvitato a cena, ecco perché erano
tutti agitati. Quando Zio Paperone entrò in casa, e anche vedere lui fu
una grande emozione per me, si voltò verso di me, come se mi vedesse,
fu un momento, forse non poteva vedermi, ma sentire la mia presenza
forse sì.. invece poi continuò. A differenza di Paperino, era sorridente
e allegro, aveva una voce molto profonda , da anziano attore di teatro,
anche lui parlava quella lingua impossibile. Cenarono presto, erano le
sette di sera e fuori c'era il sole, era estate come da noi, notai che
Paperone, sedendosi a capotavola, non diede nessun aiuto nella
preparazione della cena, mentre gli altri quattro paperi si davano molto
da fare, Era chiaro chi comandava in quella casa. Non so perché, ma ad
un certo punto mi annoiai, nei fumetti erano divertenti, dal vivo no,
forse se avessi capito quello che dicevano mi sarei intrigato, ma così
erano solo quattro paperotti, uno anziano con gli occhiali, uno adulto e
tre cuccioli, che mangiavano il pollo (il pollo! cannibalismo?) con le
patatine e le verdure, parlavano e bevevano, gli adulti birra i
ragazzini una bibita gassata Decisi di andare da Archimede Pitagorico,
che era sempre stato il mio personaggio preferito, per qualche tempo
l'avevo messo pure come immagine del profilo su Facebook.
Uscendo
dalla casa di Paperino, mi incamminai per la strada osservando le varie
villette. Il deposito era sulla collina, ben visibile da ogni punto
della città. Avevo modo di vedere l'estensione completa di Paperopoli,
come quando si è sulla terrazza di un hotel e si vede tutta la città ai
nostri piedi. Dalla zona residenziale dove stava Paperino, le case si
infittivano in una sorta di centro, che però non era stretto e denso
come quello di Milano, ma c'era sempre molto spazio tra una casa e
l'altra.
La città si sdraiava sopra dei colli e delle
colline, uno dei quali era appunto quello di Zio Paperone, dal centro si
estendeva in varie direzioni, dalla parte dove stavo scendeva verso la
campagna (Nonna Papera?), da quella opposta, verso la costa e il mare.
Poteva ricordare una versione in miniatura di Roma, con le sue varie
diramazioni nella regione. Non c'era la metropolitana, ma una stazione
ferroviaria che però non entrava dentro la città, ma se ne stava
soprastante. Vidi anche scarsi mezzi pubblici, anzi solo dei pullman per
uscire o entrare dalla città. Tutti usavano le auto... solo che le loro
erano delle automobiline, come quelle degli autoscontri, senza
sportelli, ci si entrava e si schiacciava il pedale e poi si guidava,
ecco perché non c'era bisogno di collegamenti urbani. Era tutto molto
ordinato, pulito, per le strade e dentro le case. Trovai facilmente la
baracca di Archimede Pitagorico, ed ebbi la fortuna di trovarlo in casa,
ma non al lavoro.. era dedito a mangiare con gusto qualcosa che mi
sembrò cibo cinese o indiano, asportato da qualche parte. Le sette erano
l'ora di cena a Paperopoli, molto americano anche questo. Archimede
appariva molto contento e soddisfatto, il suo laboratorio-ufficio-casa
era in una sorta di disordine ordinato, dava un senso di quiete, di
lavoro, di persona che ama il suo lavoro e vi si dedica tutto il giorno,
una serenità che a casa di Paperino non avevo percepito. Come dicevo,
Archimede non è un papero, del resto non tutti a Paperopoli lo sono.
rispetto ai paperi visti prima era già più grande e slanciato, diciamo
come un cigno rispetto ad un'anatra, infatti la sua casupola aveva un
soffitto molto più alto. Rimasi a guardare attentamente Archimede come
avevo fatto con Paperino e Paperone prima, l'avreste fatto anche voi,
solo che
lui si voltò verso di me e mi chiese "Who are you?".
Interdetto
e spaventato, gli risposi "You can see me?"
"I can hear your
presence. Do you speak english?"
"Ehm.. Italian?".
Archimede
tornò alla sua cena, che doveva essere molto gustosa, finì di mangiare e
poi andò a prendere un apparecchio tra i tanti, sembrava una radio, di
quelle di una volta, con mani esperte la collegò ad un microfono e, poi
rivolgendosi di nuovo a me disse ancora "Region?" Anche Archimede
cominciava a starmi antipatico, ma che cavolo di posto era questa
Paperopoli, peggio del Canton Ticino.
Però risposi
"Lombardia, but it's the same, play italian".
Il preciso
Archimede impostò la Lombardia per tradurre la sua lingua nella mia,
così che quando parlavamo mi veniva da ridere, mi sembrava di sentire i
Legnanesi o Boldi dei tempi d'oro.
In italiano, il nostro discorso fu questo:
AP"Ho
studiato a lungo i viaggi astrali, sono uno scienzato finito, mi occupo
di tutto. Li faccio anch'io a volte, vado a Topolinia."
AD"Io
vado a Firenze, l'anno scorso andavo a Roma di notte dalla mia fidanzata
perché mi mancava."
AP"Benvenuto a Paperopoli, visitatore."
AD"E'
un piacere conoscervi, leggo sempre le vostre storie."
AP
"Già" Archimede sospirò. "Le nostre storie... sono molto divertenti,
piacciono ai bambini. Solo che non ci rappresentano veramente."
AD
"Me ne sono accorto. Sono stato da Paperino, prima. Era arrabbiato."
AP
"Lo so, c'è un problema con le vacanze dei nipotini, per mandarli in
vacanza Paperino dovrà lavorare tutta l'estate. Allora, forse vanno
tutti in missione con Paperone, così almeno viaggiano"
Non
avevo capito niente della situazione alla quale avevo assistito prima, a
casa di Paperino.
AP "Sono stato nel tuo mondo, una volta."
AD
"Davvero?"
AP " Solo come viaggio astrale, se no avrei
rischiato la vita. Ho letto più che potevo i fumetti che parlano di noi,
non potevo portarli con me. In tutte le vostre case ci sono i fumetti
con la nostre storie."
AD "E' vero. Però, da quel poco che ho
visto Paperopoli non mi sembra un posto molto divertente. Molto bello,
sicuramente, con il mare, la campagna, le villette, gli alberi, ma
asettico, senza cuore. Mi ricorda certe zone dell'Austria."
AP
"A me non era molto piaciuto neanche il vostro mondo. Violentissimo,
inquinatissimo, sporco. Tutti che si muovono velocissimi come dei pazzi.
Sei qui da solo un'ora. Oggi è un pomeriggio tranquillo, ma qui
succede di tutto. Però non è come nei fumetti che leggete voi. Hai mai
visto la tua città in un film? E' diversa da esserci dentro, giusto?"
AD
"Sì."
Con un cervellone come Archimede Pitagorico non
potevo competere.
AP "Vuoi che ti faccio da guida mentre sei
qui?"
In quel momento il viaggio astrale si è
interrotto, mi sono ritrovato sul divano di casa, in un pomeriggio
estivo altrettanto tranquillo. Non so perché era caduto il collegamento,
forse mi ero innervosito troppo. Il mio primo pensiero fu che, se
qualcuno fosse venuto a visitarmi in astrale in quel momento, avrebbe
provato la stessa noia della mia a casa di Paperino. Gli uccellini
cantavano, ma come attutiti dal caldo. Qualcuno in lontananza
canticchiava un motivetto, in quel dormiveglia in cui stavo, mi
concentrai su quel canto lontano, finché la riconobbi, era una vecchia
canzone di Battiato, chi stava cantando non ricordava le parole e le
aveva sostituite con un inglese inventato... dopo il viaggio astrale è
come il risveglio dopo un sogno profondo, lento e graduale, così tornai a
guardare i fumetti su cui mi ero concentrato.
Rileggendo
quelle storie, pensai che volevo tornarci. Non sono un professionista
del viaggio astrale, sicuramente avevo sbagliato qualche passaggio. Mi
misi a leggere delle storie di Topolino. Andare a Topolinia? Vedere
Pippo! Però a Paperopoli adesso avevo un amico, in caso di bisogno, e
poi mi ero incuriosito. Rimasi sul divano, riflettendo che da loro ero
stato per i un'ora, da noi erano le quattro del pomeriggio quando ero
partito, da loro erano le sette, quindi ora erano le otto... ma se
cenavano alle sette, come impiegavano la serata? Perché le storie
erano così divertenti, se la vita da loro era così rigida e noiosa? La
mia mente era talmente concentrata su Paperopoli che in pochi minuti ci
ritornai, ma in un altro punto.
Ero in pieno
centro, le macchine scorrevano, finamente ritrovai quella frenesia delle
storie. Volli entrare in un negozio, la commessa era un grosso cane,
doveva venire da Topolinia, stava parlando con un gallo molto distinto e
ben vestito. Ci si abitua a tutto, gradualmente.
Ero entrato
nel negozio per vedere quale era la moneta di scambio. Il gallo non
comprò niente, forse era un amico della commessa. Finalmente, vidi dei
soldi, erano delle banconote, a prima vista potevano sembrare dei
dollari, però... erano gialli, erano fasulli, come i soldi del Monopoli,
spudoratamente finti. In quel mondo assurdo, dove i paperi abitavano
nelle villette, cucinavano il pollo e lavoravano per vivere, dove si
circolava con le macchinine giocattolo, pure i soldi erano fasulli.
Stavo cominciando a divertirmi, perché mi stavo ambientando o meglio mi
stavo sintonizzando con l'ambiente in cui ero. Quello che mi mancava era
una storia, un'avventura, stavo assistendo allo status quo di un banale
pomeriggio, ma nei fumetti lo status quo è sempre disturbato da un
evento, un conflitto per poi essere risolto nella catarsi (Aristotele
docet). Senza conflitto, era come essere in un telefilm di Baywatch dove
le bagnine stavano per un ora a chiaccherare e a mettersi lo smalto
sulle unghie.
Continuavo a spostarmi lentamente
per le strade, osservando tutto con enorme attenzione: tanti negozi come
c'erano una volta in Italia, il panettiere, il salumiere, il calzolaio,
il barbiere, nessun supermercato o centro commerciale, c'erano dei
ristoranti ma non c'erano bar, o forse non li vidi, un mondo
imprigionato nel passato, tanti passanti presi per le loro faccende,
prevalenza di paperi, non pochi polli e galline, poi quelli di
Topolinia, cani e cavalli, che però stavano ritti ed erano molto più
piccoli dei loro simili nostrani. Chissà se erano pendolari che
scendevano a Paperopoli la mattina presto, oppure si erano trasferiti,
curioso pensare che se sei un milanese a Roma o viceversa non ti
riconoscono per strada, finché non apri bocca, mentre a Paperopoli
subito si era identificati per quello che si era. E poi Topolinia,
dov'era rispetto a Paperopoli? A volte i personaggi delle due città si
facevano visita, ma non succedeva spesso, mi faceva pensare che le due
città non erano così vicine... cercai un'agenzia di viaggi, che trovai
facilmente, ed entrai per curiosare, ma fui distratto da un rumore di
macchine che frenavano. Tornai sulla strada e vidi.... Topolino e Pippo.
Cosa
ci facevano a Paperopoli, fu la prima domanda. Poi, osservai le loro
figure... Topolino era... un ratto, e cosa doveva essere? Anche se
parecchio più grande del normale, una grossa pantegana diciamo, Pippo un
piccolo cane con lunghe orecchie ed un corpo sproporzionato, braccia e
gambe lunghissime, curvo e allampanato, goffo, invece Topolino, nei
limiti del suo essere una pantegana, con una postura distinta e
altezzosa. Entrambi vestiti nel modo che sappiamo. Tutti loro dovevano
avere tanti vestiti tutti uguali, come Dylan Dog, delle uniformi, quando
si sporcava uno dei vestiti lo mandavano in lavanderia e forse qualche
volta si confondevano... che mondo pazzesco.
Topolino
si era fermato in mezzo alla folla, e parlava con loro. Pensai che mi
mancava solo la Banda Bassotti, e potevo andare a casa, anche se non mi
sarebbe dispiaciuto incontrare Paperoga e Nonna Papera. Fu allora che mi
apparve il mio amico, in questo caso il mio maestro, che mi aveva
insegnato a fare i viaggi.
"Che fai qui?" mi disse. "Stai
facendo un casino!"
Rimasi interdetto, prima di rispondere.
"Beh...
sto facendo un viaggio. Anche tu?"
"Ti ho raggiunto. Stai
incasinando questo mondo con la tua presenza. Non ti vedono, ma
percepiscono che succede qualcosa. Torna subito a casa. I piani astrali
del loro mondo si stanno intersecando. Hanno chiamato Topolino da
Topolinia per risolvere il caso."
"Mi piacerebbe stare ancora
qui..."
"Per loro e per te, te ne devi andare Rischi di
rimanere qui senza tornare. Vai via subito!" mi urlò.
E
fu così, amici lettori che siete arrivati in fondo alla pagina, che mi
ritrovai sul divano, nel mio mondo erano passate diverse ore, ed era
sera, si era fatto buio, anche se era una bella sera d'estate. Mi
sentivo come se stessi leggendo un libro appassionante e qualcuno me
l'avesse strappato e buttato via. Rimasi qualche tempo sul divano, e
poi, con un sospiro, chiusi il fumetto e mi alzai per farmi uno dei miei
amati nescafé.
"Non finisce qui", borbottai con la mia
tazza in mano, muovendomi per la stanza e parlando da solo come
Paperino.
1-continua??
( di Andrea Daz, inedito solo online)
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